Categoria: Materiali
Data: 27/10/2020

LETTERE IN CORNICE

Dopo alcuni mesi di pausa, riprendiamo il discorso sul romanzo epistolare, con l’idea di portare a termine i progetti di scrittura in corso. Un romanzo formato esclusivamente da lettere rischia di lasciare in ombra ciò che i personaggi nella corrispondenza non dicono. Per questo, spesso, la forma epistolare ha una cornice narrativa, in grado di rivelare punti di vista diversi e dettagli più personali. Ci sono svariate possibilità: ognuno può scegliere quella che gli è più congeniale, o che si adatta meglio a ciò che vuole esprimere.



  • Forse la cosa più semplice è alternare le lettere con parti narrative in 3° persona. In questo caso è un narratore onnisciente a completare i contenuti delle lettere, creando raccordi e colmando lacune.

  • Molte volte si usa l’artificio dell’epistolario ritrovato. In questo caso, oltre al mittente e al destinatario (o ai diversi mittenti e destinatari), c’è un altro personaggio, rappresentato da chi ha ritrovato le lettere. Questo personaggio può essere un “io narrante”, che interviene ogni tanto a fare commenti, a porsi domande.

  • Insieme alle lettere possono essere state ritrovate altre cose: un diario, ad esempio… Il diario è un mezzo potente per svelare stati d’animo, particolari taciuti, riflessioni personali.

  • Anche fotografie, ritagli di giornali e oggetti ritrovati con le lettere raccontano una storia. Possono far luce su un momento, su un fatto e sul suo contesto, ma anche su chi ha voluto conservare quell’immagine, quel cimelio.

Il ritrovamento di testimonianze dal passato offre svariati spunti per “muovere” la narrazione, modificando il focus e il punto di vista. La modalità dell’epistolario ritrovato, tuttavia, pone un altro problema: è poco probabile, infatti, che si ritrovino tutte le lettere insieme, a meno che appartenessero a una coppia, o a qualcuno le ha cercate e raccolte.



Un esempio letterario recente: “Il sogno di Jakov” di Ludmila Ulitskaya, La nave di Teseo, 2018 (romanzo pubblicato per la prima volta in russo nel 2015)

Il romanzo è corposo, circa 500 pagine. Non può dirsi pienamente epistolare. La protagonista è Nora, colei che negli anni ’70 ritrova il bauletto con il diario di Jakov e le lettere tra Jakov e Marusja, i suoi nonni. Dei 50 capitoli, 11 sono intitolati “Dal bauletto…”, e altre lettere sono disseminate altrove. Il montaggio prevede continui salti temporali e cambiamenti di scena, in un arco temporale che va dal primo ‘900 al 2011, alternando la storia di Nora con quella dei suoi nonni e di altri familiari. La narrazione in terza persona, inoltre, si alterna all’io del diario e delle lettere.



Il primo capitolo, intitolato “Il bauletto di vimini (1975)”, racconta le circostanze del suo ritrovamento, dopo il funerale della nonna.

Lo scopo principale, però, è presentare Nora nel suo mondo, connotato dalla dittatura sovietica. Offre quindi un valido esempio di cornice introduttiva, in un romanzo composto in parte da lettere e pagine di diario.

È un capitolo molto ricco di dati sensoriali non solo visivi, che permettono al lettore di “incontrare” personaggi e ambienti. Alcuni ritratti sono particolarmente vividi: il figlio appena nato, l’infermiera di quartiere, alcune vicine, il padre… Invece l’amante regista, che a Mosca non ha intenzione di tornare, è appena citato: questo accenno serve a delineare lo spirito libero di Nora, il suo rapporto col mondo del teatro e la sua condizione solitaria. Anche la madre si è allontanata da lei dopo il divorzio, non verrà al funerale.

Se la prima parte del capitolo è dominata dal tema della maternità, dello stretto rapporto tra Nora e il bambino, al centro della seconda parte c’è la morte con i suoi rituali e con la forte immagine della nonna defunta. Nora si prende cura del suo corpo, con una confidenza e una tenerezza di cui lei stessa si stupisce: anni prima avevano litigato e non si frequentavano più. Nora scopre invece quanto sia doloroso separarsi da lei, da quella stanza zeppa di libri e di ricordi, che si deve sgombrare in fretta perché appartiene allo stato.

La parte finale mette in scena il ritrovamento del bauletto, ma il suo prezioso contenuto non è rivelato subito. Nora sceglie di salvarlo, insieme ai libri della nonna, ma poi, per una serie di circostanze e infondo per incuria, lo dimentica su un balcone e solo molto tempo dopo riscoprirà ciò che contiene.
“Le carte, giacendo nel buio, maturarono per lunghi anni: fino a quando non furono morte tutte le persone che avrebbero potuto rispondere alle domande che emergevano dalla lettura di quella vecchia corrispondenza…”

Questa frase, che chiude il capitolo, è molto significativa. Sarà accaduto a ciascuno di noi di aver aspettato troppo tempo a fare domande sul passato, sulle persone che ci hanno preceduto, per poi accorgerci con smarrimento di non averne più l’opportunità. Le domande rimaste aperte, però, lasciano il campo alla nostra immaginazione, e di qui possono nascere nuove storie. “Il sogno di Jakov”, in realtà, è il sogno di Ludmila.



Nell’allegato, trovate le parti che ho sottolineato (alcune delle quali vi ho letto). Le prime tre pagine sono tratte dal 1° capitolo. Dalla posizione 543 alla 637, ci sono esempi di narrazione onnisciente. Dalla 641 alla fine, brani tratti dal diario.

Allegati