DESTINO O TAROCCHI

Lungo il vallone che saliva al colle della Saracina, oltrepassato il cascinale della Zarra, ai piedi del colle e ai margini della grande foresta che copriva fitta anche i fianchi della montagna, era ben posizionato il vecchio castello dei Roger, un’antica famiglia del posto. Dionisio, da anni, faceva il custode e di tanto in tanto il figlio gli sottraeva le chiavi, per radunarsi con gli amici nelle sale del maniero o per incontrarvi Rose, la sua innamorata.
Anche quel giorno, i due amanti attraversarono il ponte levatoio, sospeso sul fossato ormai asciutto.
Lui aveva estratto dal portaoggetti della macchina un mazzo di chiavi enormi e abbondantemente arrugginite, e con quelle armeggiava per aprire il portone.
Si volse e gridò: “Diavolo! Vuoi aiutarmi? Sapessi come sono pesanti questi antichi battenti!” “Sono qui” rispose lei, mentre percorreva il ponte per raggiungerlo.
Si era incantata a guardare il castello, ne ammirava la poderosa struttura in pietra, dorata dal sole della tarda mattinata, che saliva alla sommità della costruzione fino alla torre merlata.
“Eccomi,” disse spingendo con lui il pesante battente di legno.
Entrarono insieme e Rose fece l’atto di richiudere il portone, ma lui la fermò.
“Vorrei che rimanesse spalancato,” disse.
“Non hai paura che entri qualcuno?” chiese lei in tono provocatorio.
“Voglio davvero che entri qualcuno!” Replicò lui in modo ancora più provocatorio.
Cominciarono a salire lo scalone di pietra che portava ai piani superiori: dalle strette finestre che circondavano l’atrio entrava una lama di sole. Continuarono a salire fino ad un corridoio che percorsero per tutta la sua lunghezza., Il giovane manovrò di nuovo la sua ferraglia e aprì la pesante porta che chiudeva le stanze del primo piano. Qui la polvere dava l’impressione di essere stata smossa di recente, come se qualcuno vi fosse vissuto. Su un massiccio tavolo in noce posto al centro della sala, un fagotto attrasse i due amanti.
“Questo è il panno che avvolge le carte, vero?” Chiese lei.
“Proprio quello,” rispose lui. “L’ho portato qui io. Questo mazzo di carte ha un valore speciale per noi, non credi? Sono i Tarocchi che ci hanno fatto incontrare, o meglio…” continuò, “i ventidue arcani maggiori, messi in successione, ci hanno illuminati, portandoci a quella tappa fondamentale che è stato il nostro primo appuntamento.”
“Già!” rispose lei, mentre srotolava la stoffa. “Ho imparato a leggere i tarocchi dalla mia vecchia nonna e per un po’ è stato il mio lavoro: proprio nel periodo in cui ti ho conosciuto…”
Aperto il panno, aveva preso a spargere le carte sul tavolo, scoperte. Alzò la carta del carro.
“In questa posizione indica una relazione felice, ricordi? E noi siamo felici ed innamorati.”
Lui l’attirò a sé in un abbraccio, poi raccolse le carte in un mazzo e le mischiò con cura, lasciando sgombro il tavolo.
“Aspettiamo gli altri: farai le carte per loro?” Le chiese.
“Troppo tempo è passato dall’ultima volta… non ricordo molte cose.”
“Ma loro vengono per conoscere il destino. Puoi aiutarli? Sono i miei amici.”
Si sentirono voci allegre: Lucien, Roland, Luise e Claude erano giunti nel castello.
Nella sala precedente c’era un mucchio di antiche armature, quasi tutte smembrate e buttate per terra come se qualcuno avesse voluto disfarsene, coperte da uno spesso strato di polvere.
“Ci vorrebbe un rigattiere,” mormorò Roland, poi si corresse, sembrandogli di aver sottovalutato quell’antica ferraglia. “O magari un antiquario, per stabilire a che secolo risale questa roba.” Attorno al mucchio di ferraglia non c’erano orme, segno che nessuno ci si era avvicinato almeno di recente. “E’ pur vero che i fantasmi non lasciano impronte,” aggiunse Lucien, voltandosi indietro a vedere quelle che avevano lasciato loro lungo il corridoio. 
Giunsero poi nella grande sala: avevano portato bottiglie di vino, abbracciarono gli amici, felici di ritrovarsi.

 “Strano questo posto!” Disse Lucien. “Sei sicuro di esserne il custode?” Chiese guardando al suo amico.”
“Certo!” rispose lui, mostrando le chiavi arrugginite che aveva posato sul tavolo.  
“Dunque è lei la tua Rose,” disse Claude. “Ci svelerà il nostro futuro?”
“Siamo qui per questo,” rispose il figlio del custode, mentre l’amante si era accostata a Luise, per fare meglio la sua conoscenza, ma non si erano ancora parlate.  
Intanto aveva preso a spargere le carte sul tavolo, ma prima di iniziare guardò ognuno dei convenuti negli occhi, mostrando di non aver affatto dimenticato ciò che aveva imparato dalla nonna.
“Questa non è una partita,” disse. “Se qualcuno di voi non vuole interrogare l’avvenire, non può rimanere. Quello che vedremo in questi tarocchi avrà significato nella lettura del vostro destino; chi non ci crede deve uscire.”
“Vado via subito,” esclamò Roland e, presa una bottiglia di vino, si avventurò nel castello.
Lucien invece tirò a sé le carte e posandovi sopra la mano destra si disse pronto a incominciare, Luise e Claude si tenevano per mano e aspettavano di poter decifrare in qualche modo la loro storia. Roland tornò di lì a poco, prima che Rose iniziasse la divinazione: forse anche lui, come un cavaliere errante, si era perso nel bosco ed ora aveva bisogno di ritrovare il luccichio della propria stella per riprendere la giusta via.
Ora che tutti erano pronti a iniziare, Rose mischiò le carte fino a quando Luise non la fermò: i tarocchi vennero poi disposti sul tavolo su tre file, per l’interpretazione. La loro sequenza veniva dalla mente, e a turno ognuno dei partecipanti scelse una carta al buio.
Era calato il silenzio. Ciascuno si guardava intorno, in un mutismo accentuato, provando strane e diverse sensazioni. Luise appoggiò la mano destra sulla prima carta, la tirò su e la guardò come se si guardasse in uno specchio. Poi la girò sul tavolo e Rose le sorrise.
“La Papessa!” Disse. “Girata al diritto, rappresenta la fecondità, la madre, la donna e la sposa con ogni saggezza, sei fortunata!”
Luise si sentì sollevata e si volse a stringere la mano di Claude. Ora toccava a lui girare la sua carta, la spiattellò sul tavolo senza guardare, Rose continuò la sua lettura.
“Il Giudizio, visto in questa prospettiva, indica rinascita, promozione, cambiamento di situazione e sorpresa,” gli disse.
“Bene allora!” Disse Claude, rivolgendosi a Luise. “Vuol dire che avremo presto una buona notizia! Una promozione al lavoro e un figlio sarebbe il massimo!”
Tutti risero, e Roland ebbe modo ancora una volta di riempire il bicchiere.
“Bisogna festeggiare, dunque!”
Ora toccava a Lucien, anche lui buttò la sua carta nel bel mezzo del tavolo senza guardare.
“La Forza è sfida, convinzione, conquista e determinazione,” affermò Rose.
“Questo significa forse che dovrò impegnarmi nello studio se voglio far contenti i miei?” commentò Lucien con un sorriso.
“Forza Roland, ora tocca a te,” dissero tutti in coro.
“Volete davvero che lo faccia? Lo faccio...” Prese la carta al centro del tavolo, quasi a farlo per dispetto, la buttò con la mano sinistra, mentre dall’altra versava nel bicchiere l’ultimo goccio di vino rimasto nella bottiglia. Tutti meno lui guardarono la carta con stupore. L’agghiacciante apparizione dell’arcano numero tredici, la morte, provocò timore e pessimismo: era girata al rovescio e alludeva a malattie incurabili, delusioni, perdita dell’onore, incidenti gravi e immobilità. “Veniamo fuori dal buio,” disse Roland, facendo una risata sarcastica. “Non crederete a queste idiozie?”
E mentre il sudore freddo non si era ancora asciugato dietro la schiena dei presenti, Rose continuò il suo gioco.
“Già!” Disse. “Vorrete mica credere a queste idiozie… sono anni che non pratico più la lettura dei segreti maggiori, ormai non hanno valore.”
A tutti parve che un’ombra improvvisa avesse oscurato il sole e un baratro di terrore li ghermisse. Ma tutti provarono a sminuire l’episodio: i tarocchi furono rinchiusi nel panno e il brindisi divenne collettivo.

Passarono circa due anni da quel giorno. Claude e Luise si erano sposati e avevano già la loro piccola Giselle. Rose continuava ad amoreggiare col figlio del custode del castello e Lucien, finalmente, era diventato dottore in giurisprudenza, per la gioia dei suoi.
Quel giorno fi festeggiava la sua laurea. Roland continuava ad essere il ribelle di sempre, e anche in quell’occasione non si fece mancare l’ennesima sbronza.
Mentre i festeggiamenti continuavano, un rombo di tuono lontano fece pensare ad un temporale improvviso, ma in un baleno le gocce si infittirono e la pioggia prese a cadere uniforme e penetrante. Roland prese la macchina, pronto a lasciare gli amici: Claude si era offerto di accompagnarlo a casa, ma lui era troppo sicuro di sé per accettare una simile proposta.
La pioggia intensa e la strada resa sdrucciolevole dalla grandine non lo fecero arrivare a destinazione: la sua vita finì in un fossato, con rammarico di tutti.
I tarocchi…o semplicemente il vizio del bere…avevano decretato il suo destino.

                                                                       

 

 

 

Autore: Rosalinda De Francesco
Data: 23 gen 2023