IN UN GIORNO DI PIOGGIA

Dalle finestre aperte del piccolo appartamento entrava il profumo degli ippocastani in fiore che costeggiavano il lungo viale sottostante.
Gemma decise di fare una passeggiata e nell'uscire prese al volo un libro, pensando di leggerlo, seduta in qualche angolo al sole.
Percorreva il viale con passo lento, a capo chino, non osservava nulla, un solo pensiero la tormentava: “Quel disgraziato, anzi no, quel bastardo, mi ha lasciata per andarsene a vivere con la segretaria, e io ingenua non mi ero accorta di nulla!”
Le frullavano per la testa immagini in serie, lei con lui, lui con lei, e ciò la riempiva di rabbia e di dolore.
All'improvviso, dopo una curva, le apparve un delizioso giardinetto; c'era sì un'area cani, ma le panchine erano al sole, e decise di fermarsi: sperava che, tuffandosi nella lettura, avrebbe avuto un po' di sollievo.
A un tratto sentì e vide due cani litigare furiosamente e i loro padroni incapaci di dividerli. “Non riesco proprio a capire come si faccia ad amare quelle bestie” si disse, e iniziò a pensare a ciò che non amava dei cani.
Quando fanno i loro “bisognini”, i proprietari se ne stanno in attesa, con un'aria a dir poco insulsa, e poi dovrebbero raccogliere, anche se molti non lo fanno.
Giocano con loro lanciando la palla che gli animali riportano in continuazione, come scemi, e poi li trattano come bambini piccoli.
E i loro denti? Quando ringhiano, con quelle zanne scoperte, fanno proprio paura.
Si leccano con insistenza le parti intime e poi danno i “bacini” in faccia agli amati proprietari, di quelle slinguate! E peli e bava in giro per la casa, è proprio uno schifo… E sospirando riprese la lettura.
Arrivò un temporale, come succede spesso in primavera: iniziarono a scendere grossi goccioloni. Gemma cercò rifugio nell'atrio di un vecchio palazzo signorile lì vicino.
Nell'attesa che spiovesse, iniziò a perlustrare il luogo dove si trovava. Notò un vecchio ascensore in vetro e ferro, con finimenti in lucido ottone; lo scalone che portava ai piani alti aveva una passatoia in tessuto rosso. Alcune porte, che si aprivano sull'atrio, erano in legno di noce, lucide, con maniglie lavorate a sbalzo.
“Tutto molto elegante” pensò, “ma si respira un po' di malinconia.”
Un fagotto marrone, seminascosto dietro ad un vaso di bianche calle, attirò la sua attenzione. Incuriosita si avvicinò e, con la punta della scarpa, iniziò a dare dei colpetti.
L'oggetto si animò: era un cucciolo di cane bassotto. Tremava, alzò la piccola testa per guardarla, aveva un musetto lungo, a punta, le orecchie facevano pensare a due farfalle in movimento e gli occhi grandi, scuri, umidi e tristi sembrarono implorare aiuto.
E fu sedotta.

Autore: Carla Fabbri
Data: 24 nov 2019