LA PAROLA VIGNA


Acrostico
Vicende
Indicibili
Gustando
Novello
Autunnale
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Con le regole del bersaglio:
Vigna filare correre corriere corriera bus sub mare acqua liquido vino uva vite vigna
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Filastrocca del finale Vigna
Bevo una borgogna asprigna
in campagna dalla mia matrigna
donna segaligna, maligna, arcigna
solo con gli estranei è benigna.
Regna in Spagna ma  è nata a Bologna
degna cagna, magna di tutto
pure la pigna e la cotogna non disdegna,
con la castagna si cura la tigna.
Chi di lei non è degna, manda alla gogna.
Di tutto si lagna,  poi si immerge, sugna nella fogna,
le sta indigesta e si cura  con lasagna alla prugna.
Vomita, sagna, e mi assegna
di pulire con la spugna. Mi ripugna.
Lei  sogna e io prego la cicogna, che si impegna:
Non sia mai pregna! Poi la chiudo 
in una cantina stagna e
sulla porta inchiodo l'insegna di lavagna:
 "Qui vive una carogna grifagna,
chi agogna liberarla, bisogna 
che arrivi dalla Romagna, con mantello 
di vigogna e la riporti in Spagna, che qui a Bologna
non ci si lagna se laggiù regna quella ragna".

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C'era una volta una vigna

C'era, in Piemonte, Marianna, una bambina fortunata, aveva una madre ogni tanto, un padre raramente, una nonna in collina per le vacanze estive. Sulla collina, dalla nonna, c'era anche Fido alla catena e Pomin nella stalla col suo vitello, galline rossicce, tacchini vanitosi e morbidi conigli di ogni colore. C'erano anche tortore innamorate e porcellini d'India. Nel granaio c'era una famiglia di topolini e ogni tanto passava un gatto per giocarci un po'. Nel terreno adiacente la casa della nonna, c'era un pescheto, un campo di fragole e due ciliegi. Nell'orto due alberi di fichi, ombreggiavano parzialmente  lattughe, cicorie, piselli, peperoni verdi, melanzane spinose, chimmu, prezzemolo, aglio e chissà cos'altro, la recinzione di questo ben di dio era una griglia che sorreggeva uva luglienga e rose rampicanti. Ho scritto chimmu, nella lingua di quelle parti, in italiano cetrioli, quelli piccoli e verdi, da mangiare crudi in pinzimonio. Nel cortile un albicocco stracolmo di frutti a far invidia ai vicini, sul balcone vasi di garofani profumati e asparagina delicata. Tutto questo sarebbe già abbastanza per avere bei ricordi, ma il posto preferito di Marianna era la vigna. Si stendeva sul fianco della ripida collina, giù fin quasi al fondo valle,  e terminata la vigna iniziavano le nocciole, asparagi, cardi,  un canneto con le rane e un boschetto di robinie, sull'altro lato un bosco con castagni corredati da funghi appropriati, cespugli di more, fragoline selvatiche. Ogni giorno, Marianna, che di amici a due gambe ne aveva pochi, passava in rassegna quel paradiso terrestre e, constatato che nessun guaio era accaduto, si inoltrava tra i filari della vigna. Entrava all'incirca a metà, dove un pozzo cementato raccoglieva l'acqua piovana e dove si pescava il liquido per sciogliere l'ossicloruro di rame, che a quei tempi si chiamava verderame e che a dispetto di quel nome non era verde ma azzurro brillante, quasi più bello delle pietre preziose. Nella vigna c'era silenzio, non una macchina perchè, per la pendenza del terreno, si lavorava a mano, non una voce, perchè ognuno lavorava sul suo e raramente gridava un saluto. Stavo per dire che non volava una mosca, ma di insetti ce n'erano in abbondanza: vespe e moscerini con l'uva matura, farfalle, coccinelle, cavallette e coleotteri cangianti tutto l'anno, o quasi. In inverno, a quei tempi cadeva la neve, candida e buona, copriva il terreno trasformando la vigna in una grande pergamena, i filari erano il pentagramma e le note erano tralci nudi e ceppi nodosi, ma quella era una vigna solo da ammirare, perchè la neve era alta e Marianna ancora piccola. Nella stagione più calda, la bambina percorreva i filari affondando i sandali nelle zolle argillose, cercava un posto per cantare le canzoni di Sanremo e sceglieva spesso l'ombra di un pesco di vigna. Da quella postazione aveva un'ampia visione sul paesaggio circostante, una distesa verde che in autunno si vestiva di oro e porpora. Altre volte Marianna si sdraiava a sognare un altro mondo, scrutando forme fantasiose nelle nuvole, recitava poesie a memoria o mimava drammatiche scene cinematografiche. Nella vigna si sentiva al sicuro, poteva scomparire tra le viti e allo stesso tempo avere il controllo visivo fino alla strada,  i tralci erano braccia accoglienti e le foglie grandi mani da accarezzare, qua e là qualche viticcio ribelle e sul terreno formiche indaffarate.  Quando Marianna incontrava un'amica giocavano in cortile oppure scorrazzavano in bicicletta sulle strade sterrate, alla vigna non le portava, quello era il rifugio segreto e tale voleva tenerlo nel suo cuore. Quando il prete parlava di Noè che si ubriaca, Marianna pensava ai grappoli zuccherini della sua vigna, quando studiava la poesia a memoria Il sabato del villaggio, la donzelletta percorreva la strada che costeggiava la vigna, quando, in collegio, era triste e nostalgica, pensava alla vigna calda di sole. Insomma, più dei parenti, degli amici, della casa, l'immagine che riusciva a calmarla e infonderle energia era quella vigna. Tra le viti di barbera, ben nascoste ai passanti, crescevano poche piante di moscato e di uva americana, anche da lì passava il giro di controllo di Marianna che piluccava quella bianca e di quella americana le piaceva solo il profumo. Forse il paradiso terrestre era più bello? Può darsi, ma come si dice, da quelle parti, di qualcosa di abbondante e godurioso: è una vigna! E da lì nessuno  la scacciava.

 

Autore: Rossana Aletto
Data: 02 apr 2002