LOTTARE IN DUE
È una splendida mattina di sole. Questo cielo limpido e quest’aria carezzevole danno proprio la sensazione di una giornata speciale. Peccato che non lo sia per tutti. Non lo è sicuramente per Adele: in questo momento sta entrando in sala operatoria, ed io non riesco neanche ad arrivare in tempo per salutarla, con questo traffico. Cerco di correre il più possibile, ma non credo di farcela; riesco però a trovare un parcheggio vicino l’ingresso e questo mi facilita. Allungo il passo e respiro profondamente prima di entrare nell’ascensore che porta al reparto di chirurgia. Osservo medici e infermieri che camminano lungo i corridoi e mi precipito nella camera di Adele. – La sua amica è entrata in sala operatoria dieci muniti fa – mi riferisce un’infermiera. – Come stava? – le chiedo; mi rendo conto di quanto sia sciocca la domanda, ma sono confusa anch’io per questa situazione. – Era tranquilla – mi rassicura l’infermiera, - andrà tutto bene, è una ragazza forte.
In effetti, penso anch’io che Adele sia una vera lottatrice: dopo la morte dei genitori, per un incidente avvenuto quando era appena diciottenne, si è subito data da fare. Per mantenersi ha iniziato a lavorare, a prendersi cura degli affari di suo padre, e la precoce indipendenza ha fatto di lei la donna forte e ottimista che è oggi. Anche quando la mammografia ha rivelato quel nodulo al seno, si è mostrata salda come una roccia. Mentre io continuavo a chiedermi come fosse possibile dover combattere quel “mostro” a soli trentadue anni. Finalmente, dopo ore di attesa, si spalanca la porta della camera: Adele, distesa sulla barella, dorme ancora. Da sotto la camicia escono fili collegati a un monitor e ha nel braccio l’ago della flebo. Mi fa tenerezza vederla debole e indifesa, ma finalmente si apre uno spiraglio di luce: dopo settimane di attesa, è come se il peggio fosse passato. Adele inizia a svegliarsi dall’anestesia; anche se sonnecchia ancora, nei momenti più lucidi cerca di fare battute scherzose.
– Vorrei essere Antigone e strappare tutti questi fili, - mi dice a un certo punto. Subito non capisco, poi ripenso allo spettacolo teatrale che abbiamo visto insieme, qualche giorno fa.
– Ma lo sei – le rispondo, e non sono distante dalla verità. Come l’eroina di Sofocle, lei è sempre stata una persona energica e determinata in ogni situazione.
- Questo è solo l’inizio. È adesso che comincia la vera lotta contro Creonte: non voglio farmi seppellire da lui - mi dice qualche giorno dopo, quando viene dimessa dall’ospedale. – Ti riferisci alle terapie? – le chiedo. – Le terapie, i controlli, in questi casi non c’è nulla di certo, lo sai.
Mi sento impotente, vorrei urlare, ma cerco di mantenere un atteggiamento il più possibile sereno. Adele è forte, ma è pur sempre un essere umano. Allora, per tirarle su il morale, mi viene da ripeterle la sua battuta di qualche giorno prima: -Ricorda, sei sempre Antigone che lotta contro Creonte, e non puoi perdere la battaglia.
Lei sorride, ma sappiamo entrambe che la situazione è critica. Tre settimane dopo inizia il primo ciclo di chemio; per fortuna la terapia non le causa molta sofferenza, dopo i primi giorni la nausea sparisce, però su di lei iniziano a notarsi gli effetti collaterali della chemio.
Lei continua a definirsi Antigone che lotta contro Creonte, io cerco di assecondare le sue battute per provare a sollevarle il morale, ma non è facile per una donna giovane e bella accettare certi cambiamenti fisici. Un giorno tira fuori un foulard che le avevo regalato per il suo compleanno, e avvolgendolo intorno al capo mi dice che è diventata una vera maestra nel confezionare turbanti. – Sei bellissima – le rispondo con un nodo alla gola. Ma sappiamo bene che è un gioco tra le parti: lei finge che tutto vada bene, io cerco di tranquillizzarla. Le ricordo che la forza non nasce dalla bellezza, ma soprattutto da un grande cuore.
La terapia è finita, Adele ha un po’ di tregua fino al fatidico giorno della visita di controllo. La sala d’attesa è gremita di pazienti. Adele ed io ci sediamo una di fianco all’altra; lei indossa il suo foulard: anche se qui non è la sola a portarlo, lei lo tiene sempre, anche se i suoi capelli stanno ricrescendo, ma naturalmente sono cortissimi. Appare sulla soglia dell’ambulatorio l’infermiera, è il turno di Adele. Vorrei seguirla, ma non vuole, rimango ad aspettarla con il fiato sospeso. Esce dopo quasi tre quarti d’ora, ha gli occhi lucidi e un sorriso gioioso e cauto allo stesso tempo. – Gli esami sono a posto, anche se devo continuare i controlli -mi comunica, cercando di trattenere l’emozione.
Prendendola sottobraccio, le propongo di andare a festeggiare, pranzando in una trattoria. - In fondo è una notizia meravigliosa, e potresti anche toglierti il foulard: sei bellissima e non hai motivo di nasconderti - le dico. – Scusami – mi risponde, - preferisco non farmi vedere in questo stato: sono un disastro, altro che bellissima! Sembro un maschiaccio, soprattutto in confronto a te. Istintivamente mi specchio nella finestra di fronte: mi sento in colpa per la mia folta e lunga chioma. La riaccompagno a casa. Lei mi dice che ha proprio bisogno di rilassarsi, di distendere i nervi dopo tante tensioni. L’accontento. Subito dopo esco di nuovo, ritorno verso il centro: sono stata folgorata da un’idea bizzarra. Mi dirigo verso il salone di Fulvio, il parrucchiere, per fissare un appuntamento. - C’è posto tra dieci minuti - mi dice. Allora aspetto, mi siedo in poltrona davanti allo specchio e, quando gli dico le mie intenzioni, mi dà della matta. Forse un po’ è vero, ma sono decisa ad andare fino in fondo, ora o mai più. Dopo mezz’ora la mia immagine riflessa nello specchio è completamente cambiata, non ho il coraggio di guardare i miei capelli sparsi sul pavimento, ma osservandomi di nuovo mi dico che in fondo il nuovo look non è poi tanto male.
A casa anche Adele mi da della pazza. – Forse lo sono davvero - le rispondo – ma ora siamo uguali, e che si fa? Nessuna delle due esce più di casa?
Lei continua a fissarmi, sembra abbia visto un fantasma; finalmente, però, la vedo sorridere, si toglie il foulard, mi abbraccia e ridiamo insieme. – In questo momento mi sento felice, e i nostri capelli ricresceranno, grazie per questo regalo – mi dice Adele tra risate e lacrime.
– Il più bel regalo è la nostra amicizia, il vero regalo ce lo ha fatto la vita facendoci incontrare – le sussurro.