LUCINDA MATLOCK
Andavo a ballare a Chandlerville
giocavo a carte a Winchester.
Una volta cambiammo i compagni
ritornando ìn carrozza sotto la luna di giugno,
e così conobbi Davis.
Ci sposammo e vivemmo per settant'anni.
Filavo, tessevo, curavo la casa, vegliavo i malati,
coltivavo il giardino e, la festa
andavo spesso per i campi dove cantano le allodole,
e lungo lo Spoon raccoglevo tante conchiglie,
tanti fiori tante erbe medicinali-
gridando alle colline boscose, cantando alle verdi
vallate.
A novantasei anni avevo vissuto abbastanza, ecco
tutto
e passai ad un dolce riposo.
Cos'é questo che sento di dolori e stanchezza
era, scontento speranze fallite?
Figli e Figlie degeneri,
La vita é troppo per voi
ci vuole vita per amare la Vita....
Le carte volarono in aria, un pugno sul tavolo fece tremare la schiuma della birra e un bicchiere si rovesciò:
- Sei un bastardo, hai barato, vieni fuori come un uomo e battiti con me! -
- Io non mi batto con le donne. - rispose Griffith il capo della gang.
- Io non sono una donna, sono il tuo avversario al gioco. -
Tutti e due si incamminarono verso l'uscio della vecchia taverna Winchester, uscirono e sul marciapiede se le diedero di santa ragione. Quando si alzarono lei aveva un occhio nero e la camicetta strappata, a lui mancava un dente.
- Cambierò compagnia - disse lei - non mi piacciono i bari. -
- Fai bene non ti vogliamo più - rispose Griffith
E Lucinda ritornò a casa di nascosto, passando dietro dalla parte del bosco. Si lavò, si cambiò, poi si avviò a cena. Suo padre seduto a capotavola, la guardò e le disse:
- Cosa è successo a quell'occhio?. Poi rivolto al maggiodomo continuò :- Gregory puoi cominciare a servire. -
- Scusa papà, sono inciampata ed ho battuto. -
Suo padre non rispose e cominciò a mangiare seguito dagli altri commensali.
Il giorno dopo Lucinda, nera di umore e di occhio, pensava " Che non avrebbe più potuto frequentare il Winchester, cosa avrebbe fatto adesso? Poteva avvicinarsi al gruppo delle sue vecchie compagne di scuola, che l'avrebbero accolta certamente, ma che noia mortale: quelle smorfiose sapevano solo parlare di vestiti e di fidanzati. Così però avrebbe accontentato di sicuro i suoi genitori che speravano di vederla cambiare. Sapeva che ci sarebbe stato un ballo a Chandlerville. Così ritornò alla vecchia compagnia di brave ragazze, rimpiangendo in cuor suo i pugni, le bestemmie, le birre, e le partite di Griffith..
Si fece fare un bellissimo vestito da sera , facendo la felicità dei suoi genitori e partì in carrozza verso Chandlerville. Si annoiò per tutta la sera, quando fu l'ora del ritorno sulla carrozza che l'aveva portata non c'era più posto. Senti una calda voce maschile dirle:
- Signorina venga qui, c'è ancora un posto. -
Quando si girò rimase abbagliata da tanta bellezza, un viso d'uomo così non l'aveva mai visto. Lui cavaliere la prese per mano e la invitò a salire.
La luna di giugno risplendeva sul viso del ragazzo, illuminandolo, e lei non poteva staccare lo sguardo, lui sorrideva, Finalmente si decise a fissare un punto della carrozza e non mosse più lo sguardo di lì. Giunti a casa lui l'accompagnò davanti al cancello, sorrise augurandole la buona notte, ma lei riprese.
- Non ci vedremo più? -
- Se vuole io vengo al giovedì al mercato a vendere delle erbe officinali, che raccolgo sulle colline.-
- Bene! Giovedì verrò al mercato.-
- Mi chiamo Davis -
- Lucinda - e si strinsero la mano. Poi lei capì che lui cercava di liberare la mano dalla sua stretta, lei se ne vergognò e corse verso la sua villa.
Il giovedì guardò nel suo guardaroba non c'era niente che andasse bene per Davis, si avviò in camera di sua madre e cercò un vestito, il meno elegante, e si avviò.
Camminò per il mercato ma non lo vide. Il cuore le si serrò in una morsa, poi voltò l'angolo e lo scorse dietro un gruppetto che faceva ressa davanti a lui. Stette un po' in disparte, quando non ci fu più nessuno, si avvicinò e comprò tutte le erbe che aveva ancora. Non sapeva cosa servissero, ma le permisero di guardarlo e parlare con lui. Quando fu a casa nascose le erbe in un cespuglio, poi si sedette su una panchina e rivide come in un sogno ogni gesto ogni movimento del suo viso, delle sue labbra, non gli era mai capitato nulla di simile. Capì di essere perdutamente innamorata e che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di restare con lui.
Dopo un po' di giovedi al mercato non sapeva più dove nascondere quelle erbe, ma lui finalmente un giorno chiese di sposarla, si sentì in paradiso. I suoi, ricchi proprietari terrieri, non erano soddisfatti, ma pensando alla Lucinda di prima si rassegnarono.
Dopo la cerimonia lei andò a vivere in una casetta sulle colline, non sapeva assolutamente far niente, ma da Amy, una vecchietta che aiutava Davis quando era da solo , imparò a filare, tessere, curare la casa , coltivare il giardino, e curò Amy quando morì. Tutto questo lo fece con vera gioia, divertendosi, forse per amore di suo marito. Ma amava la sua vita, andava sovente cantando per i prati, ascoltando le allodole che sembravano risponderle. Si divertiva a raccogliere le conchiglie sulla riva del fiume, e le erbe medicinali sulle colline boscose, con suo marito. Vissero insieme radiosi e appagati per settant'anni. Poi lui morì.
Ed ora a novantasei anni, quando i dolori della vecchiaia la privarono della salute e della libertà si chiedeva se il suo cambiamento da giovane agiata in donna semplice, se aver rinunciato al lusso, alla vita mondana, il non aver più amici, per l'amore che aveva riversato su quest'uomo, ne valesse veramente il gioco.
SI NE VALEVA REALMENTE LA PENA.
Gente del mondo amate gli uomini e la natura con amore vero e vivete la vita intensamente come LUCINDA MATLOCK l'ha vissuta.