Tema: Paura

MI RACCONTI UNA STORIA?

“Papà, papà, me la leggi una storia?” lo implorava Elena, correndogli incontro al rientro del lavoro e avvinghiandosi alle sue gambe.
“Ma sei stata brava oggi?” le chiedeva il padre, con un sorriso malizioso.
“Sì, sì, chiedi a mamma, sono stata bravissima!” E, facendosi prendere in braccio,  gli stringeva il collo e lo inondava di baci.
“Adesso però lasciami cambiare e lavare, poi ti racconterò una bella fiaba.” Così dicendo posava la bimba di quattro anni a terra e si toglieva la giacca.
“Ciao, Lucia, come va? Il ragazzo è al lavoro?”
“Tutto bene, caro, vai a rinfrescarti, che ti preparo un caffè.”
Lucia era una donna energica e volitiva. Una bella signora dai capelli corvini e dal seno generoso; adorava la sua famiglia, suo marito, suo figlio adolescente e la piccola Elena. Dedicava loro tutto il suo tempo.
“Papà, hai finito?” urlava Elena, dietro la porta del bagno.
“Elena, smettila” la rimproverava la madre, “lascia tranquillo papà, arriva subito, se fai la noiosa non ti legge più la storia.”
La piccola s’imbronciava e si metteva a sedere su uno sgabello immusonita.
Adorava il padre, che non faceva mai notare la stanchezza, che era sempre sorridente e disponibile. La prendeva sulle ginocchia e le cingeva la vita con una mano, mentre con l’altra teneva il libro delle fiabe.
Lui non leggeva, recitava, dava voce ai personaggi, cambiando il tono e imitando i versi degli animali, faceva finta di piangere o ridere e tutta la scena diventava reale.
Nella mente di Elena, realtà e fantasia si confondevano a tal punto da farle credere che certi personaggi potessero esistere, che certi animali potessero ragionare come gli umani, che le magie e i malefici potessero accadere anche a lei.
Si inquietava, ma non lo dava a vedere, fantasticava, ma teneva per sé le sue ansie.
Seppur piccola, memorizzava tutti i personaggi, tutti i loro gesti e le loro parole.
Non voleva o non poteva esternare le sue paure, perché temeva che il padre avrebbe smesso di regalarle quelle letture.
Una notte sognò di essere in cucina che giocherellava, mentre la mamma puliva le verdure. La porta della stanza era chiusa, per trattenere il caldo della stufa. Quella porta aveva il riquadro superiore di vetro trasparente, mentre il resto del battente era di legno. Ad un ceto punto, nel riquadro di vetro, Elena vide comparire un paio di occhi azzurri, bellissimi. Si stupì e rimase ad osservarli, poi udì una voce che diceva:
“Ciao! Sono la fata dai capelli turchini, se apri la porta mi potrai vedere.”
Be’, la fata dai capelli turchini la conosceva, era buona e amava i bambini, se amava anche Pinocchio. Elena tuttavia si inquietò, non sapeva che fare, non disse nulla alla mamma, che sicuramente non aveva  visto né sentito alcunché.
Risentì la voce, che pronunciò le stesse parole. Che cosa doveva fare? Doveva aprire la porta? Doveva ignorare quell’invito?
Un certo malessere incominciò a pervaderla, le si strinse la gola, e lei si impose di non guardare più la porta. Ma la curiosità era tanta e, quando sollevava lo sguardo, vedeva sempre quei due occhi azzurri, che la fissavano. Lo sguardo era limpido e accattivante, ma le dava una certa agitazione, un timore che non riusciva a spiegare. Faceva finta di giocare, per non attrarre l’attenzione della madre, ma sentiva sempre la voce della fata turchina.
A un certo punto si armò di coraggio, lasciò la bambola e si avvicinò alla porta.
“Apri, apri, cara, così mi vedrai!”
Elena allungò la mano e l’appoggio sulla maniglia, poi, superando ogni indugio, spalancò di botto la porta, ma al posto della fata si trovò difronte una strega orribile, una vecchia curva, con il naso adunco, la bocca sdentata, vestita di nero, con occhi fiammeggianti e una risata cattiva e gutturale. Era orribile, più brutta di tutte le descrizioni che papà leggeva nei libri di fiabe, ed emanava una malignità crudele, che terrorizzava.
Elena cercò di urlare, di fuggire, ma la voce le rimaneva imprigionata in gola e le gambe restavano bloccate, pesanti, paralizzate.
A un certo punto le uscì dalla gola un urlo strozzato e rauco, che la svegliò. Si ritrovò nel letto, madida di sudore e piangente.
Venne soccorsa dai genitori, che cercarono di calmarla in tutti i modi e di farle raccontare l’incubo, ma Elena non ci riuscì, chiese solo di andare nel lettone con loro.
Non parlò mai di questo sogno, per paura che papà smettesse di leggerle le storie, ma per tanto tempo non riuscì più ad andare nel corridoio e nel salotto, perché, lei lo sapeva, la strega si era nascosta dietro il divano, pronta a saltar fuori, non appena si fosse presentata da sola in quella stanza. Al solo pensiero sentiva un brivido lungo la schiena e le si stringeva la gola.
Solo al suo orso di pezza aveva raccontato tutto, solo lui poteva veramente capire la sua profonda paura.

 

  

 

 

Autore: Piera Passon
Data: 22 mar 2021