VISITA

Oggi è il primo del mese e al solito mi preparo bene per andare a Endenich: abito da passeggio blu, stivaletti, guanti, cappello con veletta. Senza veletta non potrei affrontare lo sguardo di Robert. Nei suoi occhi non c’è più l’amore di cui mi circondava in passato e non voglio che legga la paura nei miei.

Spesso mi fissa per interi minuti senza proferir parola, poi chiede di Johannes. Non chiede mai dei figli.

Osservo i miei e i suoi abiti da concerto: da oltre un anno se ne stanno ben appesi nel guardaroba e solo io ricordo come ci sentivamo quando li indossavamo.

È incominciato tutto per un frac: sembrava che Robert non ritrovasse più quello della sua misura: eppure erano sempre stati i suoi e gli stavano a pennello. Li indossò a uno a uno guardandosi allo specchio, poi si mise a piangere.

Quella sera non abbiamo suonato a quattro mani. Ho cambiato un po’ il programma e il pubblico è rimasto soddisfatto.

Il giorno dopo Robert era di nuovo allegro e creativo. Io preferii dimenticare la crisi improvvisa.

La nostra vita è stata piena di musica e di figli.

Io a nove anni tenevo già dei concerti in grandi sale. Robert prendeva lezioni di pianoforte da mio padre Friedrick Wieck.

Robert mi ammirava e poi si è innamorato. Io lo amavo da sempre.

Per quattro anni Robert ha insistito con mio padre per sposarmi e per quattro anni mio padre l’ha respinto.

Dopo gli scontri Robert era depresso, ma la musica e la mia compagnia lo rinfrancavano.

Quando eravamo insieme giovani e innamorati i nostri corpi vibravano come corde di violino. Volevo dei figli e me ne sono arrivati otto in pochi anni. Ma la depressione tornava sempre più spesso. Poi le crisi non sono più cessate.

Là i piccoli non li posso portare e quelli più alti preferisco non farli avvicinare a quegli squallidi stanzoni.

I bambini mi guardano partire e non dicono niente.

Salgo sulla carrozza con Johannes, che è quasi il mio figlio più adulto.

Sono sempre più agitata: Johannes mi prende la mano per infondermi coraggio, ma anche a lui trema una gamba. Robert gli raccomandava spesso di proteggermi e lui fa quel che può per mantenere la promessa.

Ecco di nuovo c’è agitazione in fondo alla camerata: grida, risa, sputi, pianti. Entrano due infermieri con medicinali da far ingoiare. L’altra volta hanno usato le camicie di forza.

Qui non ci sono canti e musiche e nemmeno amore.

In casa nostra il pianoforte era sempre aperto e accordato e violini e violoncelli si sentivano a tutte le ore del giorno. I suoni dolci mentre componevamo si spandevano oltre il giardino delle rose e raggiungevano la strada. La cameriera diceva che le carrozze davanti a casa nostra rallentavano, i cavalli non battevano gli zoccoli per terra, al passo sfioravano appena il terreno, la gente sussurrava.

Ospitavamo sempre musicisti e compositori; Robert si intratteneva a parlare con loro per ore, ma il suo prediletto era Johannes. Di lui diceva che sarebbe stato il musicista del futuro.

Io parlo poco con Johannes, non voglio confonderlo. Mentre suoniamo il pianoforte sentiamo sotto le dita i tasti su cui Robert ha lasciato l’impronta. Gli spartiti, lo sgabello, la penna, la sciarpa di Robert mi impediscono di pensare e di vivere. L’angoscia per l’amore perso mi soffoca.

Johannes mi colma di attenzioni e la sua amicizia è l’unica luce che splende in me. È un giovane timido e riservato, dovrebbe stare con gente più allegra di me, ma lui non mi lascia sola.

 

Robert Schumann (1810 – 1856) morto pazzo dopo due anni di ricovero.
Clara Wieck  (1819 – 1896)
Johannes Brahms (1833 – 1897)

Autore: Olga Pons
Data: 23 mag 2022